Quando Entravo al Seven… negli Anni 80

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Quando Entravo al Seven… negli Anni 80

Un racconto di Sergio Alessi

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Non è la prima volta che ci soffermiamo – e divertiamo – a raccontare un aneddoto o una curiosità del mondo delle discoteche Versilia nei tempi che furono, specialmente se si parla degli anni ‘60, ‘70 e ‘80. Vi avevamo già raccontato qualcosa a proposito delle discoteche Versilia storiche e del galeone discoteca Santa Monica, ma oggi vogliamo riportarvi un testo, trovato quasi per caso, che ci ha colpiti immediatamente.

Questo è il racconto di una notte – più di una in realtà – trascorsa nella discoteca Seven Apples di Marina di Pietrasanta in un non meglio precisato periodo a cavallo degli anni ‘80. Siamo sicuri riporterà alla memoria di molti di voi che state leggendo tanti bei ricordi e susciterà, forse, un briciolo di invidia a chi non ha vissuto quegli anni delle discoteche in Versilia.

Quando entravo al “Seven” a diciotto anni, magari sulle note di “Shout” dei Tears for Fears, mi sentivo così importante, gasato e galvanizzato che avrei potuto, in teoria, spaccare tutto il mondo. All’ingresso Carletto faceva la sua cernita ma per una certa simpatia e una tranquillità di base, spesso entravo senza pagare, una volta dentro da buon esteta passavo dai bagni per i ritocchi di prassi e guadagnata la pista stavo ben attento a non calcarla per primo. Eravamo un bel gruppetto e a quel tempo, metà anni ottanta, si sentiva ancora una musica melodica e non un’accozzaglia di rumori, il passo successivo, appena c’era una nutrita presenza a ballare, lo sfoggio del look e dei passi di danza in un’incoscienza che era poi il leitmotiv di un’età spensierata. Il “Seven” che più mi sta a cuore era quello della domenica pomeriggio, mi piazzavo nella balaustra di sinistra rispetto alla consolle e da lì, credendo di essere una sorta di semidio facevo il bello e il cattivo tempo, nell’ovvia stupidità del momento, sentivo di essere quasi al centro del mondo quando poi il mondo girava e mi lasciava solo col mio numero in mano, tra i tanti. Al bar c’era Michele e ogni tanto, soprattutto se ero in gentile compagnia, mi allungava una bevuta gratis, era un po’ ritenuta la discoteca di quelli con la puzza sotto il naso ma in verità c’era di tutto, nei limiti della garbatezza e del decoro. Si stava bene, indubbiamente, non c’erano ancora picchi di volume altissimo e si riusciva ancora a conversare, il Tore un po’ faceva da regia della musica, un po’ per gli amici da guardarobiere, più di una volta ho lasciato il cappotto da lui, il sound era fantastico, appropriato, mai banale, con certi accostamenti che adesso farebbero sorridere, non disdegnava anche la musica italiana. Cosa darei per ripercorrere quei pochi metri, tra la parte sopra e quella sotto, i bar, i bagni, appoggiarmi a quelle pareti spesso intrise dal fumo certo non salutare ma in un certo senso simbolo di un epoca, rimpiango un po’ la socievolezza, i preparativi, le cotte per la fiammetta di turno, i pomeriggi grigi con il corso d’acqua che mugugnava alle pareti, quel ballo che feci a Natale dell’85 sotto le note di “Happy Xmas” di John Lennon con capitolazione finale a terra trascinando un venti trenta amici. Era un posto magico, difficile da dimenticare, rammento ogni angolo, ogni divanetto e poltroncina, i posacenere, i bicchieri, i camerieri che si spostavano come potevano nella ressa, la sigla finale che lasciava sempre un po’ di amaro in bocca. A quel tempo i compiti di scuola si facevano la domenica sera/notte, i profumi erano il Drakkar noir, quello bianco, Krizia uomo, Cacharel, Azzaro, si mangiavano gli spaghetti alla crema e la banana split in gelateria ai Sorci Verdi, la camicia era rigorosamente di fuori e le scarpe spesso di vernice lucida. Se sapessi ancora di trovare in Dogana a Marina di Massa la corriera che porta là, al “Seven”, chiamerei ancora Nicola, Giò, Paolo e Osvaldo e la riprenderei, lasciandomi al finestrino guai e noie per poter rivivere un po’ di quegli istanti, i grandi spilungoni già al centro della pista e noi, poi, a corona, forse c’è della superficialità, forse esalto troppo una situazione ma vedete la bellezza di quegli anni, riesce ancora a emozionarmi, poco importa se passa da una discoteca, il cuore ragiona con i sentimenti, non con la prosopopea. Come ogni giorno fa un caldo tremendo, spengo il piatto con la puntina che solcava “Let me Trouble” e per una volta mi tuffo in una fredda domenica invernale all’ombra della “mela” raccontando qualche storiella e lasciando che il tempo si dimentichi e mi lasci a ballare Valerie Dore o i Talk Talk a poca distanza da una belloccia di turno.

di Sergio Alessi

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Due amici di Sergio Alessi al Seven Apples: Luca Adami (a dx) e Marco del Ry (a sx)

Vogliamo nuovamente ringraziare Sergio Alessi per averci gentilmente concesso la possibilità di diffondere il suo testo, con la speranza che voglia concederci qualche altro suo scritto riguardante le discoteche della Versilia.

Se anche tu hai una storia sulla vita notturna della costa tra Viareggio e Forte dei Marmi, sia vissuta in prima persona che tramandata da un familiare, che vorresti condividere non esitare a contattarci. Invia una e-mail a [email protected] 

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